Mario Draghi a Palazzo Chigi…l’opinione di Rita Faletti

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Mario Draghi a Palazzo Chigi. Rumour giravano da tempo ma pochi credevano che l’ex banchiere della Bce e tanto altro ancora potesse accettare un incarico così gravoso. Un Paese che ha smarrito ogni cultura politica, una crisi sistemica aggravata dagli ultimi due governi, una crisi economica acutizzata dalla pandemia, contagi e decessi che continuano, vaccini che scarseggiano e un piano vaccinale che non c’è.  Draghi non accetterà mai. Un mantra ripetuto da politici di quasi tutti gli schieramenti, a mo’ di rito apotropaico, terrorizzati al pensiero  che una personalità di quel calibro arrivasse a impartire l’estrema unzione a un governo di infermi. E adesso cosa ci capiterà?  Alcuni già si preparavano a fare gli scatoloni. C’era chi osservava e se la rideva. Più preoccupato di tutti l’ex premier Conte, fino a poco prima convinto di essere l’irrinunciabile punto di riferimento dei grillini e il pivot del governo giallorosso. “Tornerò al mio lavoro”. Frase buttata là con poca convinzione, che ora risuona come una minaccia sul punto di inverarsi. Piombato nel silenzio dopo l’annuncio di Mattarella, con il solerte Casalino che allerta cronisti e fotografi, Conte ricompare dietro un banchetto fatto piazzare all’uopo dal Rocco, e lancia un velato ammonimento al successore: “Il governo deve essere politico” e, rivolto al Movimento, si candida alla sua guida: “Io ci sarò”. Di Maio sarà d’accordo? Poi, ciuffo al vento, si allontana e chiude la fase più imbarazzante e invereconda del governo, quella dei “responsabili cercasi” . Un’accozzaglia di ripescati  cacciati trasferiti tra cui spiccava  Ciampolillo, noto alle cronache per aver avuto la pensata geniale di curare la Xylella degli ulivi con il sapone da bucato. Agronomo improvvisato, chiedeva, in cambio del sostegno prezioso, il dicastero dell’Agricoltura. Miseramente naufragata la speranza del Conte ter,  il Pd si strugge e si macera non sapendo cosa offrire a Giuseppi che martedì scorso aveva escluso di fare il ministro di Draghi. Mai dire mai. Al primo giro di consultazioni, i pronostici si confermano: tutti si accalcano per entrare nel nuovo esecutivo. Fratelli d’Italia si astiene ma piovono critiche da alcuni elettori. Il “ni” del recalcitrante Salvini, dopo ore di travaglio interiore e un’uscita improvvida: “Dobbiamo sapere se Draghi preferirà le nostre proposte o quelle di Grillo”, diventa sì. E’ il risultato dell’incessante lavoro di persuasione di Giorgetti, l’amico fedele, il politico avveduto che sa consigliare, che mette in guardia ma si fa da parte e si rimette alle decisioni del capo. “Matteo, non puoi restare fuori”. E Matteo, ricordando le pressioni  degli imprenditori e delle partite Iva del nord che mordono i freni in attesa di ripartire con regole certe, orizzonti definiti e un governo che non sia puro vocalizzo, guarda Draghi negli occhi: “Professore, noi appoggeremo il suo governo senza condizioni”. Poi, il leghista dal piglio sbrigativo e la favella chiara che tanto piace ai suoi elettori, dice che l’Italia deve ripartire, negozi, bar, ristoranti e teatri devono aprire, devono esserci soldi per il turismo. Draghi annuisce. Pare che addirittura abbia sorriso a una battuta di Salvini sul calcio. Distanti nei modi, l’approccio pragmatico alle cose li avvicina. Il Pd è contrariato, avrebbe preferito che la composizione del governo che sta per nascere fosse la fotocopia del precedente. Stessa composizione stesso perimetro. La cosa rivela il retropensiero di Zingaretti: ha accusato Salvini di antieuropeismo e per questo continuato a indicare nella Lega il partito nemico degli interessi del Paese. In realtà per servirsene ad ogni appuntamento elettorale con la speranza di ridurre il consenso di quello che rimane, nonostante la perdita di 10 punti dal Papeete, il primo partito. Vale la pena a questo proposito ricordare le parole dei magistrati sul caso Gregoretti: “Salvini è colpevole allo stesso modo del governo di cui faceva parte, ma va abbattuto”. Un filo che unisce, andando a ritroso,  Salvini a Craxi Berlusconi e Renzi. Il punto di vista diverso, l’alternativa, la proposta nuova sono insidiosi tentativi di scalfire l’ortodossia e vanno eliminati. L’inversione di Salvini dovrebbe essere accolta con favore: un governo più ampio in una situazione di emergenza è una conquista, anche simbolica, perché comunica al Paese la volontà di cooperare, indipendentemente dalle posizioni di partito, al bene di tutti. E’ un’assunzione di responsabilità che esclude, per una volta, pregiudizi e colpi bassi da entrambe le parti. Salvini ha archiviato definitivamente l’antieuropeismo? Vedremo, i fatti lo dimostreranno. Una parte dei grillini è stata costretta a rinunciare alle battaglie identitarie della prima ora , sconfitta dalla realtà. Chi tuttora non riesce a tollerare coloro che la pensano diversamente è proprio il partito che non manca mai di rivendicare spirito di unità, apertura e democrazia. L’antico tarlo non è morto. E’ paradossale che un governo che ha saputo solo gestire l’immobilismo dando una spinta al Paese in direzione del burrone, si intigni nel voler proseguire su quella falsariga, smarrendo il senso del limite. Draghi ha ascoltato tutti, terrà conto delle richieste e stabilirà se esse saranno compatibili con le ragioni del mandato ricevuto dal Colle. Bizzarro tirarlo per la giacchetta. Draghi farà ciò che serve per far crescere l’Italia e cercare di ottenere due risultati fondamentali: piena occupazione e equità sociale. Saprà spendere i soldi europei in investimenti e riforme,  impedendo sprechi in corruzione e assistenzialismo, le vere insidie che si sono materializzate malgrado o grazie i vari governi che si sono succeduti. Il Wall Street  Journal ha scritto: “Chi ha salvato l’euro, riuscirà a salvare l’Italia?”. Questa volta è il caso di fare il tifo.

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